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Con il termine ” counseling ” si intende una relazione d’aiuto verso una persona, un cliente, che sta vivendo una situazione transitoria di difficoltà, non riesce a risolvere un problema e non ha la forza o non possiede le capacità per risolverlo.
Il counselor aiuta il cliente a trovare dentro di sé le risorse per aiutarsi, affinché possa trovare una soluzione al problema e superare il momento d’empasse. Il cliente diventa il protagonista di sé stesso durante la sessione di counseling; il counselor offre uno spazio di ascolto e di riflessione che aiuta il cliente a concentrare la propria attenzione sull’evento critico.
L’ausilio fornito dal counselor renderà possibile al cliente l’osservazione della sua difficoltà secondo una prospettiva differente e favorirà il rafforzamento delle sue capacità di scelta o di cambiamento.

Cosa fa il counselor ?

Con le proprie competenze professionali supporta la persona che chiede aiuto allo sviluppo di un processo di consapevolezza. Attraverso le proprie risorse il cliente imparerà ad acquisire gli strumenti necessari al raggiungimento del proprio obiettivo.

Che tipo di relazione si instaura tra il cliente e il counselor?

Nel counseling il cliente è sempre al  ” centro ” ed è il protagonista. La relazione che nasce e cresce tra counselor e cliente avviene in un’oasi protetta in cui l’ascolto attivo/empatico del counselor è  accompagnato dall’assenza di giudizio e da un accoglimento che consente al cliente nella massima libertà di far affiorare in superficie la problematica.

E’ utile rivolgersi a un counselor quando:

Si attraversa una crisi

Si è di fronte a delle scelte che provocano dubbi ed incertezze

Si vivono relazioni interpersonali difficili e problematiche

Ci si trova in una relazione di coppia disfunzionale

Si vivono difficoltà con i figliSi sta affrontando una separazioneSi ha la necessità di un supporto nell’ambiente lavorativo/professionale

Si avverte il bisogno di cambiamento, di esplorare nuovi orizzonti e di fare scelta di vita che non trovano facile realizzazione. 

La vera trasformazione la attuerà il cliente: il counselor può aiutarlo ad aiutarsi con empatia e rispetto  ad attingere a quella forza che possiede internamente, per mettere in atto il cambiamento desiderato. 

Il counseling è un mondo da scoprire, aiuta a rit-rovare sé stessi in un affascinante viaggio verso il cambiamento.

 

 

La pandemia che ha stravolto le nostre vite ed abitudini ci ha catapultati in una realtà parallela trasformando non solo i nostri equilibri quotidiani ma anche la nostra concezione di lavoro.
L’irruzione improvvisa di meeting virtuali, videoconferenze, webinar, ha determinato la necessità di un veloce adeguamento alla nuova realtà; l’esigenza di apprendere velocemente e di farsi trovare pronti all’inatteso e repentino cambiamento ha generato pressione, uno stress da rapido adattamento ed in molti casi il riconoscimento frustrante della propria inadeguatezza a metabolizzare in modo efficace le nuove frontiere di comunicazione.
Proviamo a rivivere come in un film da protagonisti le scene vissute dal marzo dello scorso anno, da quando nulla è stato più come prima. Riavvolgiamo il nastro delle nostre giornate: all’improvviso ci hanno informato che a causa del lockdown avremmo dovuto lavorare da casa. Immaginiamo solo per un’attimo la vera e propria rivoluzione subita da molte famiglie italiane chiamate a trasformare le proprie stanze in uffici con tanto di postazioni improvvisate, connessioni di rete improponibili e molte problematiche senza considerare poi la necessità di dotarsi di più pc per consentire ai figli di seguire la DaD e l’enorme disagio derivato dalla ristrettezza degli spazi occupati.
Dopo lo choc iniziale abbiamo iniziato ad immaginare cosa sarebbe accaduto e chissà quale diavolerie innovative ci avrebbe accompagnato da lì a seguire.
Eravamo tutti in smart working: lavoro veloce, un modo efficace, sintetico e trendy per racchiudere in una parola la rivoluzione che stava pervadendo le nostre vite.
Ed ecco l’incedere impetuoso ed ineluttabile di zoom, skype, facetime, google meet etc. Tutti strumenti che già esistevano da tempo e che per cause di forza maggiore sono diventati di utilizzo collettivo planetario.
Il necessario adattamento a cui siamo stati giocoforza chiamati non può non aver prodotto conseguenze negative nel nostro equilibrio psico-fisico, stress generato come tutti i cambiamenti dell’esigenza di trasformarsi velocemente e trasfigurandosi in una realtà mai vissuta.
Lo stress è la sindrome da adattamento generale riscontrabile sia nel caso di cambiamenti positivi che nel caso di cambiamenti negativi. Nel cambiamento si può avere una risposta specifica verso qualsiasi sollecitazione si possa presentare, che innesca una fisiologica reazione di adattamento.
Esistono due tipologie di stress: si parla di eustress come il risultato ottimale che si raggiunge da un grado di tensione positiva a una sollecitazione esterna; questa tipologia di stress positivo attiva le capacità di attenzione e concentrazione ed è efficace per il problem solving. Il livello di stress muta in modo inversamente proporzionale in relazione al grado di prevedibilità e controllabilità della fonte generatrice.
La seconda tipologia di stress deriva dalla incapacità di far fronte a un cambiamento che viene vissuto come una complicazione; in questo caso parliamo di distress: come una condizione generatrice di difficoltà in cui le nostre risposte agli stimoli esterni impongono uno sforzo sproporzionato e innaturale, che può condurre ad elevata intolleranza, logorio ed esaurimento.
Quali sono i maggiori rischi di stress per il lavoratore in “ smart-working “?
–  Incapacità di autogestione del proprio tempo da dedicare al lavoro con un prolungamento non richiesto dell’orario abituale lavorativo.
–   Impossibilità di stabilire una netta linea di demarcazione tra lavoro e vita familiare originata dalla condivisione di spazi forzata e troppo ravvicinata.
–  Inibizione prolungata della sfera relazionale che trae origine dall’impossibilità di comunicare con i propri colleghi di lavoro nelle modalità tradizionali.
·- Inizio di una vita troppo sedentaria e  forzatamente casalinga.
·-   Pericolo di inabissarsi in uno stato di pigrizia psico-fisica.
L’essere umano tende ad organizzare ed attuare alcune strategie per ostacolare l’incedere dello stress da smart-working.
L’insieme di queste strategie è definito “ copying “.
Ecco alcune strategie che consentono un migliore adattamento al cambiamento:
 – Organizzazione degli orari con una netta divisione tra famiglia e lavoro.
 – Limitare l’utilizzo di social network e comunicazioni via internet che causano distrazioni e perdite di tempo.
–  Ritagliarsi del tempo per sé organizzando delle brevi pause ristoratrici.
 –  Necessità della pratica sportiva che giova alla salute psico-fisica, ricordiamo il detto: “ mens sana in corpore sano “.
 – Ottimizzare al meglio la suddivisione degli spazi casalinghi al fine di adattarli alle nuove esigenze.
 – Assumere delle posture corrette davanti al pc assicurandosi di lavorare in un ambiente comodo e confortevole. Si eviteranno in tal modo contratture muscolari.
 – Imparare tecniche di autocontrollo e di rilassamento come ausilio nella neutralizzazione delle forme di stress.
 In conclusione anche nei confronti dello smart-working è  giusto mantenere una posizione equilibrata fondata sulla accettazione del mutamento della realtà lavorativa e la realizzazione contemporanea di azioni che possano facilitare il nostro adattamento alla “ novità “.
Una corretta gestione dello smart-working ci consente di mantenere un equilibrio tra vita personale e professionale. Come usiamo la tecnologia per accendere lavatrice e televisione o per conservare il cibo in frigorifero, così possiamo tranquillamente utilizzarla a scopo lavorativo senza temerne effetti e conseguenze.
Tutto dipende dal nostro modo di utilizzare le cose e dalla nostra capacità di saper gestire il vento del cambiamento senza perdere la nostra identità.

 

QUALI RISORSE PER RIPARTIRE ?

Ripartiamo da due fondamentali risorse interiori: fiducia e ottimismo.

La risorsa che consente agli individui di tracciare un futuro alla propria esistenza e di guardare avanti facendo tesoro delle esperienze vissute è la fiducia. La storia millenaria dell’umanità ci ha insegnato come l’uomo sia sorprendentemente capace di risollevarsi e rimettersi in moto dagli eventi negativi ciclicamente perpetratisi; catastrofi naturali, epidemie, guerre, recessioni economiche non hanno causato l’estinzione del genere umano.

E’ insito nel concetto di ripartenza il richiamo alla fiducia nel ripartire. Come sarebbe possibile provare a guardare avanti e riprendere la propria vita se non esistessero  fiducia ed ottimismo? 

Potrebbe essere di grande aiuto una riflessione sul passato, sui fatti realmente  accaduti abbandonando la favola dei pensieri magici e del lieto fine.

E’ altamente educativo e funzionale ad ogni ripartenza riferirsi e dar valore alle difficoltà che si affrontano nella riorganizzazione della nostra vita.

Si può riemergere ed uscire trasformati e più forti di prima, riporre fiducia in sé stessi e nella propria capacità già scientificamente e storicamente predeterminata di adattarsi, rinnovarsi, immaginarsi in una realtà nuova a dispetto di ogni accadimento traumatico.

OTTIMISMO
Un’ ultima risorsa interiore oggetto della nostra trattazione è l’ottimismo inteso come un atteggiamento individuale, una sorta di meccanismo motivante autoctono, un galleggiante che ci protegge dal suo esatto opposto, quel pessimismo che porta la maggioranza delle persone a ritenere che la loro vita non migliorerà.

 

E’ una risorsa caratterizzata dalla auto-generazione conservativa di aspettative positive che consente di proiettare i propri obiettivi verso il futuro, attraverso la relazione tra perseveranza,  fiducia e benessere. 

L’ottimismo è un modulatore nei momenti di sofferenza, della vita; è il coraggio nella realizzazione degli obiettivi di benessere personale prefissati.

Essere ottimisti non significa negare la realtà ne ignorare gli eventi negativi, vuol dire nutrire il pensiero di energia positiva al fine di superare tutte le negatività del presente ed agire con tutta la propria volontà verso quella direzione.

L’atteggiamento ottimistico rappresenta un vantaggio comportamentale dell’individuo. Potremmo racchiudere questo concetto con una semplice domanda: “ Quanto ci conviene essere ottimisti e quanto ci conviene essere pessimisti? “.

In relazione alla pandemia un nostro comportamento ottimista, volto al guardare avanti, all’immaginazione di un futuro migliore sposta decisamente l’attenzione sulle azioni concrete da fare. Una condizione mentale psicologicamente votata all’ottimismo ci consente di affrontare e convivere con il virus, ed anche le  anche azioni che ne conseguono aumenteranno la nostra autoefficacia. Il concetto di autoefficacia coniato da Antonio Bandura va interpretato come la percezione di essere capaci nel fare con la consapevolezza di  poter superare un problema che consente più facilmente il raggiungimento dei propri obiettivi e la possibilità di ottenere risultati soddisfacenti. Quindi, chi è convinto di centrare un obiettivo otterrà senza dubbio risultati superiori attraverso la convinzione delle proprie capacità.

 

RIPAR-TI-AMO

QUALI RISORSE INTERNE POTREBBERO AIUTARCI NELLA RIPARTENZA?

RESILIENZA E RESPONSABILITA’ 

Siamo vicini alla ripartenza, la pandemia ci sta mettendo a dura prova sotto molti aspetti, sanitario, sociale, economico, psicologico-emotivo, relazionale. Per fronteggiare un’emergenza epocale che ha rivoluzionato le vite di tutti occorre dare fondo alle proprie risorse interne.  

Per ripartire nel modo giusto a quali risorse dobbiamo attingere?  

Il  patrimonio di un individuo è costituito dall’insieme delle capacità di adattamento alla realtà e dall’immagazzinamento di una quantità di risorse personali tali da consentire la creazione di un sistema individuale e collettivo di azione efficace.

Diventa prioritario per ciascuno di noi pensare all’attuazione pratica di un mondo ideale  realizzabile e non utopistico,  quel tipo di realtà da noi desiderata per la cui costruzione occorre il contributo di tutti.

Non andremmo da nessuna parte se pensassimo di agire individualmente nel tentativo di modificare una vita che non ci piace; lo spirito di condivisione e di armonia che sottende a quest’opera di creazione deve renderci tutti co-protagonisti e co-attori della nuova realtà desiderata.

Per dare forma ad un compito arduo e al tempo stesso affascinante c’è bisogno di un adeguato e ben munito bagaglio di capacità individuali, un patrimonio ricco di risorse tale da consentire a “ noi ghiande di crescere, ramificare e prosperare nella nostra quercia “ per dirla secondo  Aristotele.

Molte risorse  sono insite in noi, conosciute ed utilizzate pienamente; tuttavia è sorprendente scoprire di averne altrettante  che giacciono dormienti nella nostra inconsapevolezza e quindi non attivate.  

E’ nostro compito farle emergere dallo stato silente ed inconscio attivandole in modo cosciente, autonomo e libero al fine di gestire nel modo migliore gli eventi della vita, in particolare quelli critici ed extra ordinari.

L’abilità di risollevarsi dopo l’evento negativo/trauma non attraverso la sua semplificazione ma attraverso la sua corretta gestione è la prima risorsa di cui parliamo: la resilienza.

La parola resilienza (dal latino resilire , che significa ” risalire”) deriva dall’ingegneria dei materiali. È definita come la capacità di un materiale di resistere alla deformazione e alla rottura per tornare alla sua forma originale .

E’ la capacità di una persona di resistere e affrontare situazioni negative traumatiche e di adattarsi in una modalità positiva. tornare alla normalità. Anche con la possibilità di uscirne più forti.

La definizione di resilienza è  la capacità di affrontare una situazione traumatica in modo  di adattarsi in maniera positiva ad una condizione negativa.

Il resiliente non nega né sminuisce l’evento traumatico, prova dolore e paura come tutti gli esseri umani ma, in virtù del suo patrimonio,  lo accetta attraversandolo come avviene durante una tempesta nel mare, combattendo dapprima per la sua sopravvivenza per predisporsi poi a cavalcare l’onda non appena la bufera si placa.

RESPONSABILITA’

Un’altra risorsa essenziale che ci appartiene è la responsabilità.

In epoca di pandemia con le annunciate prossime riaperture saranno molteplici e diversificate le reazioni che ne conseguiranno da parte della popolazione.

Alcuni presumibilmente  reagiranno lasciandosi guidare con un aumento del senso di pericolo derivato dalla paura di un nuovo aumento di contagi, altri invece potranno reagire in maniera diametralmente opposta lasciandosi trascinare istintivamente da un ritrovato senso di libertà che potrebbe dar luogo a  comportamenti poco responsabili.

In questo scenario plausibile occorrerà mettere in atto il massimo senso di responsabilità intesa come risorsa individuale ed intrinseca come naturale moto interiore verso il rispetto delle regole.

E’ molto importante sottolineare la necessità di un processo formativo individuale e consapevole verso il proprio senso di  responsabilità non dettato semplicemente dall’ obbligo del rispetto dei precetti.

Per iniziare a rivedere la luce viene richiesto a ciascuno di noi di compiere l’ultimo passo per la definitiva vittoria contro il “ nemico  “ comune ancora presente: la affermazione di un maturo e compiuto atteggiamento responsabile collettivo nella direzione di un futuro prossimo finalmente libero.